Per essere ammissibili le contestazioni alla C.T.U. devono essere sollevate nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito

Per essere ammissibili le contestazioni alla C.T.U. devono essere sollevate nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito
17 Gennaio 2018: Per essere ammissibili le contestazioni alla C.T.U. devono essere sollevate nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito 17 Gennaio 2018

Con la sentenza n. 29099/2017 la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulle modalità con cui le parti possono sollevare eventuali contestazioni alla C.T.U., confermando un orientamento ormai consolidato. Nel caso di specie, il legale rappresentante di una società aveva citato in giudizio un altro soggetto, cui aveva commissionato lo sviluppo di un software destinato alla gestione di risultati elettorali, chiedendo la risoluzione del contratto perché il convenuto aveva consegnato un’opera incompleta, nonché priva di utilità. Il Tribunale adito aveva tuttavia respinto la domanda principale, dichiarando invece la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attore stesso. Quest’ultimo aveva quindi impugnato la sentenza avanti alla Corte di Appello di Firenze. Nel corso del processo di secondo grado, la Corte fiorentina aveva disposto il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, al fine di verificare se le parti di lavoro consegnate al committente contenessero effettivamente dei vizi (così come denunciati da quest’ultimo) ovvero se si trattasse solo di procedere a meri adattamenti del programma, finalizzati esclusivamente ad una sua maggiore funzionalità. L’appellato, tuttavia, aveva contestato il nuovo elaborato tecnico, per avere il C.T.U. utilizzato documenti irritualmente prodotti dall’appellante solo in sede di operazioni peritali. Il Giudice d’Appello aveva respinto tale eccezione e, dopo aver accertato che le parti di lavoro consegnate al committente erano realmente affette da vizi tali da comprometterne in maniera apprezzabile l’utilizzo, aveva riformulato la decisione del giudice di prime cure, condannando l’appellato. Questi aveva quindi proposto ricorso per Cassazione. Il ricorrente aveva censurato la sentenza d’appello, tra l’altro, per la violazione e falsa applicazione dell’art. 194 c.p.c., in relazione agli artt. 183, 184 (formulazione ante riforma del 2005) e art. 345 c.p.c. e dell'art. 87 disp. att. c.p.c., nonché per nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. A suo parere, infatti, la pronuncia d’appello si era basata su una consulenza tecnica viziata perché effettuata utilizzando documenti irritualmente prodotti (copia della analisi tecnica della procedura, della base dati e del prototipo forniti al prestatore; copia delle specifiche fornite al prestatore; copia di file…). Così operando, la Corte d'Appello avrebbe permesso al committente di sopperire alle proprie carenze probatorie. Tuttavia, i Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto di non poter accogliere il ricorso, in quanto le contestazioni alla C.T.U. erano state mosse solo al consulente e prima del deposito della relazione finale, e non già sotto forma di specifiche eccezioni formulate nella prima istanza o difesa successiva al deposito dell’elaborato definitivo. Infatti, ha osservato la Cassazione, “le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, sicché sono soggette al termine di cui al secondo comma dell’art. 157 cod. proc. civ., dovendo pertanto, dedursi, a pena di decadenza, nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito” (in senso conforme: Cass. civ., sez. III, 25.02.2014, n. 4448, Cass. civ., sez. I, 10.12.2010, n. 24996; Cass. civ., sez. II, 19.08.2002, n. 12231). Nel caso di specie, pertanto, le contestazioni alla C.T.U. avanzate dal ricorrente nel corso del giudizio d’appello o, per meglio dire, nel corso delle operazioni peritali, ma mai formalizzate avanti al Collegio, sono state ritenute irrituali ed inammissibili.

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